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Avversata dalla cultura greca e romana come arte della contraffazione e dell'inganno, come tecnica cortigiana della seduzione, la cosmesi trova in Ovidio il suo brillante apologeta. Questo breve trattato poetico, che è il più antico "elogio dei cosmetici", elabora una teoria della bellezza che affranca le pratiche cosmetiche da radicati pregiudizi moralistici, legittimandole come naturale manifestazione dell'istintivo desiderio di farsi belli e di piacere, e costituisce in questo senso un prezioso corollario a quell'arte di amare e di farsi amare di cui Ovidio si faceva in quegli anni maestro. Al tempo stesso il gusto che ispira questo testo si iscrive nel generale estetismo che caratterizza lo stile di vita della scintillante Roma di Augusto.